Le interrogazioni contemporanee sul tempo ruotano prevalentemente intorno alla
riflessione psicologica ed esistenziale e ritornano in una moltitudine di autori, da Schopenhauer a Kierkegaard, a Bergson, Husserl, Heidegger, Hartmann, Merleau–Ponty, Sartre,
Bachelard, Ricoeur. . .
Facciamo riferimento a Heidegger (1889–1976) e a una delle sue fonti maggiori,
Kierkegaard
(1813–1855). La tesi di Heidegger è che fra le tre determinazioni del tempo, passato,
presente e futuro, quella originaria e fondamentale è il futuro .
Se l’esistenza è possibilità, trascendenza, progettazione, anticipazione, essa è costitutivamente orientata e diretta verso il futuro. Ma il futuro implica il passato come sua condizione
per essere progettato e pensato, e il presente è necessariamente coinvolto dal rapporto tra
futuro e passato.
Il futuro è “possibilità di”: è l’indeterminato, il luogo dei progetti, delle speranze, della
possibilità.
Il passato, al contrario, è il luogo del determinato.
A ogni scelta compiuta il ventaglio del
futuro possibile si restringe, ed è chiaro che più il percorso temporale si snoda e le decisioni
si moltiplicano, noi “scriviamo” la nostra storia traducendola da virtuale in reale.
Perciò spesso il presente non è altro che l’unità di oblio e di aspettazione, sulla quale
è fondata l’esistenza quotidiana come routine insignificante di giorni che si susseguono
l’uno all’altro indifferentemente.
E qui Heidegger recupera il tema del divertissement di
Pascal: nella banalità della vita di tutti i giorni, nella “cura” che ci prendiamo delle cose
minute e insignificanti, noi compiamo costantemente un atto di stordimento, inseguiamo
la distrazione e l’oblio per non essere presi dall’angoscia della scelta, per non avvertire che
la scelta che stiamo compiendo cambia la vita in destino.
L’indagine sul tempo è divenuta una riflessione sull’uomo: essa è, anzi,
la modalità filosofica specifica per indagare la condizione esistenziale del soggetto.
Noi siamo l’Essere del Tempo: la temporalità è la nostra condizione esistenziale e la nostra
essenza antropologica.