domenica 12 aprile 2020

"L'immagine mobile dell'eternità" -STEP#08

Il Timeo, scritto intorno al 360 a.C. da Platone, è il dialogo platonico che maggiormente ha influito sulla filosofia e sulla scienza posteriori. In esso vengono approfonditi essenzialmente tre problemi: quello cosmologico dell'origine dell'apeiron, quello fisico della sua struttura, ed infine quello della natura iperuranica che permane nel suo stato di quiete.

Platone definendo il tempo come “l’immagine mobile dell’eternità” nel Timeo intende dire che esso riproduce nel movimento, sotto la forma del periodo dei pianeti, del ciclo costante delle stagioni o delle generazioni viventi, quella immutabilità che è propria dell’essere eterno.

TIMEO: [...] Dunque la natura di quell'essere è eterna, e questo non era possibile applicarlo completamente a questo mondo generato: pensò allora di realizzare un'immagine mobile dell'eternità, e, ordinando il cielo, fa dell'eternità che rimane nell'unità un'immagine eterna che procede secondo il numero, e che noi abbiamo chiamato tempo. E i giorni e le notti, e i mesi e gli anni, che non esistevano prima che il cielo fosse generato, fece allora in modo che essi nascessero nel momento in cui componeva il cielo. Tutte queste sono parti di tempo, e "l'era" e il "sarà" sono specie generate di tempo che noi senza saperlo attribuiamo in modo scorretto all'essenza eterna. Diciamo infatti che essa era, è, e sarà, ma secondo un ragionamento veritiero soltanto "l'è" si adatta all'essenza eterna, mentre "l'era" e il "sarà" conviene dirle a proposito della generazione che procede nel tempo: si tratta infatti di due movimenti, mentre ciò che è sempre allo stesso modo ed immobile non conviene che diventi attraverso il tempo né più vecchio né più giovane, né che sia mai diventato, né che ora diventi, e neppure che diventerà in avvenire. [...]


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